Cooperativa Sole e Università Federico II di Napoli: fra robotica e umanità

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Un'anziana che coccola il robottino HIRO

C’è una malattia che è tra le più dolorose, perché toglie la capacità di provvedere a sé stessi, priva della possibilità di godere dei propri affetti, delle amicizie, dei ricordi, distrugge la speranza nel futuro e dissolve lentamente l’eredità del passato: la demenza senile offende ciò che di più profondo vi è in un essere umano.

Cos’è la demenza?

Si tratta di una malattia neurodegenerativa caratterizzata da un progressivo declino delle funzioni cognitive: memoria, capacità critica, pensiero astratto, linguaggio e orientamento spazio-temporale.

È una condizione solitamente irreversibile che colpisce prevalentemente la popolazione al di sopra dei 65 anni di età (ma sono innumerevoli i casi di persone affette di età ben inferiore). Lo spettro della demenza può manifestarsi indossando molteplici maschere e tra queste, l’Alzheimer rappresenta senza dubbio la forma più comune e famigerata.

Il progetto HIRO

Il progetto HIRO – a minimal design robot – for interactive doll therapy si pone l’obiettivo di promuovere il benessere degli anziani affetti da BSPD e dei caregiver a cui è stata affidata la loro tutela.

Questa sperimentazione è stata coadiuvata e assistita dal gruppo di ricerca dell’Università Federico II Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni costituito dalle professoresse Cristina Mele e Tiziana Russo Spena, dall’assegnista Marialuisa Marzullo e dai dottorandi Stefano Paolo Russo, Irene Di Bernardo.

Protagonista del progetto è il piccolo robot Hiro-Chan, di aspetto simile a una bambola, e capace di esprimere emozioni attraverso i suoni; il robot piange quando viene lasciato solo e si calma quando viene caricato tra le braccia, inoltre, se viene dondolato o abbracciato, inizia a ridere.

Il progetto Hiro rappresenta uno dei primi tentativi di affiancare alle tradizionali cure farmacologiche per anziani un nuovo genere di terapia che preveda l’utilizzo di un robot. La speranza è quella di riuscire a stimolare la mente degli anziani fragili toccando le corde del loro cuore e favorendo la comparsa di sensazioni e sentimenti positivi, che vanno dalla felicità all’ilarità fino ad arrivare persino ad un senso di protezione e di accudimento nei confronti del robottino.

Risultati molto incoraggianti

Le somministrazioni effettuate su alcuni dei pazienti del centro diurno hanno fin da subito regalato dei risultati sorprendenti.

Alcuni dei momenti più significativi ed emozionanti ce li ha regalati Francesca (nome fittizio), un’anziana che ha fatto il suo ingresso nel centro diurno lo scorso inverno e affetta da deterioramento cognitivo e demenza di grado moderato.

Francesca ha un carattere particolarmente dolce e mite ma occasionalmente soffre di crisi di pianto e spesso è stata colpita dalla paura dell’abbandono. A volte appare quasi insicura e spaventata; solitamente porta la propria borsa con se, controllando spesso se ci sia tutto, quasi come se dentro nascondesse una sorta di micromondo personale da proteggere o in cui rifugiarsi nei momenti di sconforto.

Durante le somministrazioni effettuate, la donna ha esibito un intenso stato di gioia e di benessere, ha interagito in modo affettuoso col robot e ha manifestato un profondo senso materno: le sedute sono state dense di risate e di momenti di gioco e per tutto il tempo la paziente ha stretto il robottino a sé.

Grazie alle reazioni positive riscontrate, la durata media delle somministrazioni è stata decisamente elevata: una di queste è durata 80 minuti (ed è stata interrotta solo dal pranzo).

Francesca non è stata l’unica che ha beneficiato del contatto con Hiro: diversi altri pazienti hanno regalato inattesi e inconsueti momenti di divertimento e di serenità agli operatori del centro, momenti che probabilmente valgono il doppio soprattutto se generati in un luogo che tracima di ricordi felici andati perduti.

Grazie agli incoraggianti risultati ottenuti i gruppi coinvolti sperano di riproporre anche in altre strutture l’esperienza vissuta all’interno del Centro Diurno Felice Pullè e soprattutto di poterlo fare al più presto. La demenza non perde tempo… neanche noi ne perderemo.

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